venerdì 12 aprile 2013

In Spagna c'è qualcosa che non va (II)

Qualche settimana fa mi chiedevo che cos'è che non va in Spagna, dove il cibo spesso non sa di niente. Quando uno abita lì, non se ne rende conto, il cibo sembra buono. Ma quando si va in Italia o Francia il sapore degli alimenti prende una dimensione completamente diversa e si scopre la verità.

Il perché di questo sproposito? Forse si può trovare nelle parole di Josep Pla, giornalista catalano del secolo scorso, nel suo libro El que hem menjat (Quello che abbiamo mangiato):

"Dovunque la cucina è peggiorata. Non c'è discussione possibile. In fin dei conti, tutto si è industrializzato. Il sapore delle cose è un altro. Le merci ed i piatti più svariati sono stati impaccati in virtù di processi della chimica più o meno ricreativa, ma crematistica, orripilante. La cucina come arte di lentezza, di pazienza, di morigeratezza, di calma, è scomparsa. Io vorrei sapere se si può fare qualcosa nel mondo, se non è in base a l'osservazione e alla calma. Tutto quello che non sia ubbidire questo principio è una pura fantasia per bambini delle scuole elementari. Ora si vuol fare una cucina chiamata rivoluzionaria. Alla cosa più tradizionale e più arcaicamente meditata, gli addossano questo aggettivo della più ripugnante demagogia. Prego, avanti, si accomodino nella cucina rivoluzionaria e ogni giorno mangeranno peggio. La cosa è tanto risaputa quanto chiara!"

Sapori persi grazie ai processi industriali. Quello che dico io: che c'entra la frittata di patate impaccata con quella vera fatta in casa? Con amore. Proprio niente. Alla fine, l'applicazione di processi industriali perfino alla coltivazione a portato ad alterare il sapore della frutta e delle verdure...

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